I bioeffluenti umani sono dei composti chimici che vengono emessi dal corpo. Rappresentano un insieme eterogeneo di composti organici ed inorganici e vengono prodotti nel corso dei vari processi metabolici. Fra di essi vi sono: vapor d’acqua, anidride carbonica, esteri, alcoli, aldeidi, metano, composti solforati, acidi grassi, ecc. Pur non raggiungendo quasi mai delle concentrazioni nocive per la salute, molti di essi sono caratterizzati da un odore sgradevole per cui vengono sempre percepiti come dei contaminanti dell’aria a concentrazioni relativamente alte. In genere, all’aumentare del numero delle persone presenti in un ambiente confinato vi è un chiaro aumento dell’insoddisfazione degli occupanti perchè vi è un progressivo deterioramento della qualità dell’aria a causa dell’aumento della concentrazione di questi bioeffluenti.
Il principale gas metabolico prodotto dall’uomo è senz’altro l’anidride carbonica (o biossido di carbonio, CO2), che è essenzialmente un sottoprodotto della respirazione. Gas ubiquitario, si libera anche nel corso delle combustioni ed è presente in atmosfera ad una concentrazione di circa 380 ppm, in grossa crescita sin dal periodo della Rivoluzione Industriale, quando la sua concentrazione era all’incirca di 280 ppm. Ad una tale concentrazione non viene percepito dall’uomo, ma a livelli più elevati si percepisce un caratteristico odore sgradevole. Per le sue caratteristiche, l’anidride carbonica è ampiamente utilizzata nelle indagini volte a rilevare la qualità dell’aria in ambiente indoor, soprattutto se affollato, anche perché la sua concentrazione risulta spesso direttamente proporzionale alla presenza degli altri gas e vapori emessi dalle persone, di solito molto più molesti in campo olfattivo. In pratica la CO2 viene utilizzata per valutare le prestazioni degli impianti di trattamento dell’aria e per individuare il grado di diluizione degli inquinanti negli ambienti molto frequentati; in questo senso rappresenta un indicatore della qualità dell’aria.
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute della CO2, in genere si consiglia di non superare una concentrazione indoor di 3500 ppm (6,3 g/mc), anche se gli effetti nocivi si evidenziano solitamente oltre i 5000 ppm (che è all’incirca la concentrazione della CO2 emessa con il respiro). Bisogna precisare, comunque, che questi valori generalmente non vengono raggiunti nei luoghi chiusi, se non nelle rare occasioni in cui ci si può trovare in ambienti senza ricambi d’aria con l’esterno.
In ogni caso, si è verificato empiricamente che in un ambiente confinato la percentuale delle persone insoddisfatte cresce in modo significativo al superamento dei 600 ppm di CO2, quando le uniche sorgenti degli inquinanti sono gli stessi occupanti della stanza; per questo motivo, di solito verso gli 800 ppm conviene aumentare l’immissione dell’aria esterna allo scopo di abbattere la concentrazione dei vari inquinanti presenti.